Nelson Martín Cabello Pérez, Gustavo Alejandro Cabezas, Ary
Cabrera Prates, Jorge Eliseo Cáceres, Edgar Claudio Cadima Torrez,
Eduardo Alberto Cagnola, Ricardo Luis Cagnoni, Italo Américo Cali,
Simón Campano, Horacio Raúl Campione, María Silvia Campos, Luis
Canfaila, José Antonio Cano, Alberto Canovas Estape, Carlos Hugo
Capitman, Julio Cesar Carboni, Alvaro Cardenas, Daniel Hugo
Carignano, Laura Estela Carlotto....
I pochi nomi sopra citati dovrebbero al contrario essere circa
30.000 perché questo è il costo in vite umane dell'immane
tragedia dei desaparecidos in Argentina. Ma alla
sparizione di 30.000 persone si devono
aggiungere altre cifre agghiaccianti come l'appropriazione di più di
500 figli di scomparsi, la detenzione di migliaia di attivisti
politici e l'esilio di oltre 2 milioni di persone.
Nomi e cifre identificano l'orrore del genocidio subito da un'intera
generazione di civili argentini negli anni tra il 1976 e il 1983.
Ricordiamo questo orrore perchè compito dello storico è quello di
contrastare le attualissime spinte al revisionismo che cercano di
nascondere e a volte addirittura di negare quello che in realtà è
avvenuto. La portata di questa immane tragedia deve invece emergere
in tutta la sua violenza e veridicità per essere anche un monito
affinchè simili genocidi non si verifichino mai piu' in nessun
luogo.
Come scrive Marco Bechis, regista di "Garage Olimpo" e "Hijos": "la
memoria è la capacità di ricordare il passato e riconoscere nel
presente tutte le situazioni che gli assomigliano. Quindi serve ad
agire oggi e non deve essere solo qualcosa che funziona con 50 anni
di ritardo. La memoria è l'unico strumento che può impedire il
ripetersi di errori".
La storia dell'Argentina sarà per sempre macchiata dal sangue dei
desaparecidos e "Nunca Mas" (Mai più) è il grido che risuona ed
esplode da tutte le associazioni mondiali di tutela dei diritti
umani e, più in generale, dagli "ultimi cittadini liberi di questa
famosa città civile" (come cantava Fabrizio De Andrè nella sua
"Domenica delle salme").
La Storia. Per comprendere appieno la tragedia dei
desaparecidos dobbiamo inserirla nel contesto storico che l'ha
generata. La nostra analisi non può che partire dunque dalla data
del 1 luglio 1974 giorno della morte di Juan Domingo Peron, leader
incontrastato della scena politica argentina fin dagli anni 40.
Peron venne eletto presidente per la prima volta nel 1946, ed
emblematica è la sua rielezione nel 1973 sull'onda di oceaniche
manifestazioni popolari, alla veneranda età di 78 anni.
Dopo la sua morte diventa presidente dell'Argentina la sua terza
moglie Isabel Perón ma nello sgomento generale e in un clima di
smobilitazione prende sempre più piede la figura di López Rega, che
crea uno stato di polizia, inaugurando la fase del terrorismo con la
formazione dell'Alleanza Anticomunista Argentina (detta Triple A).
Nascono bande e organizzazioni paramilitari al servizio del potere
politico con il fine di eseguire omicidi e sequestri degli
oppositori al regime.
In un clima di sempre maggiore incertezza economica e politica i
militari decidono di assumere direttamente il potere rovesciando il
governo di Isabelita Perón. E' il 24 marzo del 1976 e ha inizio in
Argentina la dittatura militare con il terribile triumvirato Massera
(comandante della Marina), Agosti (comandante dell'Aeronautica) e
Videla (comandante dell'esercito e presidente di fatto).
Con il pretesto di effettuare un processo di
riorganizzazione nazionale instaurano il terrorismo di Stato su
grande scala. Dichiarano lo stato di assedio abrogando i diritti
costituzionali, sospendono le attività politiche e di associazione e
chiudono e sequestrano sindacati e giornali.
Per ottenere qualsiasi tipo di informazioni su veri o presunti
nemici del regime viene istituzionalizzata la pratica della tortura,
praticata in clandestini centri di detenzione nei quali
vengono incarcerati i detenuti illegali. Il
clima di terrore e paura tra la popolazione viene così accentuato
dalle prime sparizioni di persone: è l'inizio del dramma dei
desaparecidos.
I militari rimangono al potere fino al 1983 e il motivo della loro
caduta va ricercato principalmente nell'insensata azione di guerra
promossa nel 1982 dall'allora presidente Galtieri. Questi facendosi
paladino della realizzazione delle tematiche nazionaliste tanto care
ai militari decide di occupare le isole "Malvinas" (Falkland), da
150 anni nelle mani degli Inglesi.
Il risultato dell'operazione bellica è disastroso; le truppe
argentine sono inesperte, mal equipaggiate e mal alimentate,
nascoste in trincee sotto il bombardamento delle superiori forze
britanniche subiscono numerosissime perdite umane. Ed è proprio
sull'onda di questo altissimo prezzo pagato che l'Argentina inizia
il processo di transizione alla democrazia con la destituzione di
Galtieri e la salita al potere di Bignone.
In questa ultima fase la dittatura getta le basi
per il suo epilogo: i militari particolarmente preoccupati per le
possibili conseguenze dei loro atti eliminano gli archivi della
repressione clandestina e decretano un autoindulto che li esonera
dalla responsabilità per gli atti compiuti durante la dittatura. Nel
1983 i radicali portano alla presidenza Raúl Alfonsín. Il nuovo
governo ristabilisce pienamente le libertà democratiche e le
garanzie costituzionali tentando, ma riuscendovi solo in parte, di
giudicare e condannare i colpevoli dei massacri e delle torture.
Buenos Aires Horror Tour. Massimo Carlotto nel suo libro
"Le irregolari" descrive un viaggio nei luoghi dell'olocausto
argentino. Ne emerge una Buenos Aires segnata anche topograficamente
dalla tragedia: ogni sua strada, ogni sua piazza, ogni suo angolo
porta con sè i segni indelebili dell'orrore. Il lettore entra
insieme all'autore nel pullman della memoria guidato da un reduce
della tragedia, per ripercorre insieme a loro i luoghi della
vergogna da non dimenticare:
"Numero 5600 di Avenida Rivadavia... il ventinove giugno del 1978 lì
dentro hanno sequestrato Jorge Alejandro Segarra" (...)
"Numero 1444 di calle Andonaegui, qui viveva il ventiduenne Eugenio
de Cristofaro... lo sequestrarono il 14 settembre de 1976"
Ma la tappa più terribile del Buenos Aires Horror Tour è forse
quella dell'ESMA, la terribile Escuela de Mecanica de la Armada.
Nei suoi locali la dittatura allestisce uno dei più terribili campi
di concentramento nel quale vengono rinchiusi e torturati migliaia
di desaparecidos. Si calcola che dentro la scuola morirono circa
5.000 persone.
Per due anni, ogni mercoledì, dalla base militare dell'ESMA, aerei
carichi di desaparecidos si levano in volo diretti verso l'oceano;
migliaia di persone torturate e narcotizzate vengono lanciate in
mare ancora vive. La verità sta lentamente emergendo anche grazie
alle confessioni di Adolfo Scilingo, ex capitano della marina
militare argentina che ha svolto servizio proprio all'ESMA.
Ecco le terribili parole che rivela al giornalista
Horacio Verbitsky:
"Era qualcosa che doveva essere fatto. Non so cosa senta un boia
quando deve uccidere... A nessuno piaceva farlo ma era gradevole...
Era qualcosa di supremo che si faceva per il paese. Un atto
supremo".
Questa breve testimonianza evidenzia il clima di follia e di terrore
che regnava in quegli anni in Argentina. Un clima che fa sorgere
spontanea una domanda: ma quanto è lungo questo horror tour? La
risposta ce la fornisce lo stesso conducente del pullman: "Non ti
basterebbero tutte le notti della tua vita. Buenos Aires non finisce
mai".
Il 30 aprile 1977 per la prima volta 14 donne "ingenue, vecchie e
molto addolorate" scendono nella Plaza de Mayo di Buenos Aires a
chiedere ragione della sparizione dei loro figli; la polizia,
chiamandole locas (pazze), tenta di sloggiarle intimando loro
di "camminare". Così, camminando attorno alla piazza, inizia la
lunga marcia delle Madres dei desaparecidos davanti
alla Casa Rosada, sede della presidenza argentina. Una marcia
attorno all'obelisco simbolo di Buenos Aires con il capo coperto da
un fazzoletto bianco e in mano le foto e le immagini dei cari
scomparsi.
Una marcia che non si arresta neanche di fronte alla dura
repressione militare che uccide Azucena Villaflor, la fondatrice del
movimento. Le Madri non si danno per vinte e ogni giovedì scendono
sempre in piazza noncuranti delle manganellate e degli arresti della
polizia che cerca ogni volta di disperderle invocando le norme sullo
stato d'assedio che proibiscono gli assembramenti non autorizzati.
A chi chiede di accettare la morte senza spiegazioni,
le donne cominciano a chiedere "la ricomparsa in vita". A chi
propone di ricercare le tombe, esse rispondono: "Nessuna tomba può
contenere un rivoluzionario". Leader del movimento diventa Hebe de
Bonafini che così commenta:
"Non vogliamo la lista dei morti, vogliamo i nomi degli assassini.
Non vogliamo l'oblìo, perché vogliamo che ciò che è avvenuto non si
ripeta mai più. Non dimenticheremo, non perdoneremo.
A noi non interessa che i desaparecidos
siano ricordati e le madri stimate. Vogliamo che i nostri figli
siano imitati. "
Ma le madri non sono sole. Il 5 agosto 1978, giorno dedicato
all'infanzia, due giornali pubblicano un appello. E' quello delle
Abuelas (Nonne) di Piazza de Mayo, ed è rivolto alle "coscienze e ai
cuori delle persone che detengono i nipotini scomparsi, o li hanno
adottati, o sanno dove trovarli". Anche le nonne come le madri
urlano con forza che i piccoli scomparsi dopo il golpe devono
tornare alle famiglie legittime; è orribile che i bambini vengano
cresciuti dalle stesse famiglie che hanno torturato e trucidato i
loro genitori legittimi. Ma anche le nonne si scontrano contro il
muro di gomma dei tribunali e dei militari che reagiscono ricordando
che i loro figli erano degli "assassini" e quindi non hanno il
diritto di allevare i propri nipoti perché li trasformerebbero
ugualmente in criminali accaniti.
Dal 1989 è Estela Carlotto la presidente delle
Abuelas de Plaza de Mayo. Sua figlia Laura poco prima di venire
uccisa le ha rivelato di avere partorito uno splendido bambino che
avrebbe voluto chiamare Guido. Riportiamo di seguito alcuni passi
della commovente lettera che Estela Carlotto ha inviato al nipote,
mai conosciuto, al momento del suo diciottesimo compleanno:
"Caro Guido,
oggi che compi diciotto anni, voglio raccontarti cose che non sai ed
esprimerti sentimenti che non conosci. I tuoi nonni appartengono a
quella generazione che attribuisce a ogni data un valore speciale e
particolare. La nascita di un nipote è una di queste date (...).
Oggi stai festeggiando i tuoi diciotto anni sotto un altro nome,
accanto a un uomo e una donna che non sono tuo padre e tua madre, ma
i tuoi ladroni. Loro neppure immaginano che la tua mente custodisce
le ninne nanne e le canzoncine che Laura ti sussurrava, sola nella
prigione, mentre tu ti muovevi nel suo ventre. Un giorno ti
sveglierai, scoprendo quanto tua mamma ti amò e come tutti noi ti
vogliamo bene. (...). Ti sveglierai un giorno da questo incubo,
nipote mio, e sarai libero.Con tanto amore, nonna Estela"
Ma anche i figli non dimenticano e si è infatti
costituito il gruppo "Hijos" che riunisce molti di quei ragazzi che
hanno da poco scoperto la loro vera identità. Attraverso esami del
DNA e ricerche accurate e approfondite cercano di rintracciare
fratelli e sorelle spariti, cercando di smascherare le famiglie di
quei militari che hanno dei figli pur essendo le donne geneticamente
sterili. Un bell'esempio di queste indagini ce lo fornisce Marco
Bechis nel suo film "Hijos" nel quale una ragazza argentina cerca di
rintracciare il presunto fratello rubato e affidato a una famiglia
di militari.
Cinema e musica. Documenti angosciosi del nostro tempo,
molti film e molte canzoni denunciano senza indulgenze le crudeltà
della tragedia dei desaparecidos, dando voce e cassa di risonanza ad
un grido di dolore che non può essere dimenticato.
Nel campo cinematografico ricordiamo il bellissimo e drammatico film
di Hector Olivera "La notte delle matite spezzate" (1986) che,
ispirandosi a fatti e persone reali, descrive gli arresti, la
segregazione e le torture subite da un gruppo di giovani studenti. I
fatti si svolgono a La Plata e la notte degli arresti (settembre
1976) verrà appunto ricordata come la notte delle matite spezzate
per ironizzare cinicamente sul corso di studi artistici che stavano
seguendo questi ragazzi che mai verranno restituiti alle loro
famiglie. L'unica loro colpa è stata quella di avere richiesto il
tesserino liceale in modo da avere prezzi ragionevoli sul caro libri
e sull'uso dei mezzi pubblici, ma per i militari è abbastanza per
fare scattare la repressione. Il film descrive l'arresto e le
torture subite in particolare da sette studenti; le scene girate in
carcere sono crude e realistiche con la macchina da presa rasente a
muri scrostati e umidi e carrellate continue lungo le sbarre che
simbolicamente sembrano testimoniare come l'intera Argentina sia
incarcerata. Continui sono gli zoom sui lucchetti delle celle che
immobilizzano una generazione il cui unico movimento è ridotto alle
voci sussurrate dei ragazzi che bisbigliano da una cella all'altra
cercando di farsi coraggio e di non impazzire.
Solo uno di loro, Pablo Diaz, uscirà vivo
dall'esperienza, dopo aver scontato 4 anni con l'accusa di essere
stato scoperto a distribuire volantini sovversivi, guarda caso
proprio nel periodo in cui era già desaparecido...
Probabilmente uno degli intenti del film è anche quello di tentare
di dare una spiegazione della scelta caduta su Pablo: arrestato
fuori dal gruppo e in una situazione successiva, per la logica
poliziesca risulta defilato rispetto all'organizzazione e quindi non
è pericoloso. "E' stato deciso che tu viva, ti porteremo fuori di
qui: a patto di dimenticare tutto quello che hai visto, tu non sei
mai stato qui": desapariciòn fisica, mentale,
psicologica.
Nella cinematografia italiana ricordiamo invece gli altrettanto
struggenti ed emozionanti film di Marco Bechis "Garage Olimpo"
(1999) e "Hijos" (2001). In "Garage Olimpo" si racconta la storia di
una ragazza, Maria, militante in un'organizzazione che si oppone al
regime dittatoriale
argentino. Una mattina le milizie la
rapiscono sotto gli occhi della madre per portarla in uno dei
numerosi luoghi di tortura nascosti a Buenos Aires: il garage
Olimpo. Qui subisce interrogatori, torture e violenze di ogni tipo
fino al tragico epilogo.
Il secondo film "Hijos/Figli" è la continuazione naturale di "Garage
Olimpo". È la storia dei figli dei desaparecidos, nati nei
campi di concentramento e adottati illegalmente da famiglie di
militari che non ne potevano avere.
Quei bambini sono oggi uomini e donne che non sanno
di essere figli di desaparecidos, non sanno che le persone
con cui sono cresciuti sono state molto spesso le responsabili
dirette della morte dei loro veri genitori. Il film racconta la
storia di due gemelli Rosa e Javier che vengono separati alla
nascita grazie alla levatrice che per salvare almeno la piccola è
costretta a fingere di aver fatto nascere il solo maschietto che
viene rubato da una coppia di militari in procinto di trasferirsi in
Italia. Vent'anni dopo, da Buenos Aires, Rosa inizia a cercare il
fratello e riesce tramite internet a contattarlo a Milano dove
decide di incontrarlo. I due ragazzi inizieranno ora a scoprirsi tra
le paure di una e le diffidenze dell'altro.
Oltre al cinema anche la musica si è più volte ispirata al dramma
dei desaparecidos e molti cantanti hanno tentato di
rappresentare in musica e parole questa immane tragedia. Citiamo ad
esempio Manu Chao e Sting tra gli interpreti stranieri con te le
canzoni "Desaparecidos" e " They dance alone" mentre in campo
italiano ricordiamo i Nomadi con "Canzone per i desaparecidos"
e Paola Turci con "Bambini".
I mondiali del disonore. Nel 1978 fu disputata in Argentina
l'edizione più drammatica e infame dei campionati mondiali di
calcio. Nonostante i governi di mezzo mondo e le autorità del calcio
fossero al corrente dei crimini tremendi che venivano commessi
nell'Argentina sotto la dittatura militare, venne fatta la scelta
vile di recarsi ugualmente a disputare quella che doveva essere una
grande festa sportiva per il mondo intero.
Disputare ugualmente quel torneo fu una grande occasione persa per
emarginare un regime criminale e denunciare fatti di infinita
gravità e si trasformò al contrario in un autentico regalo alla
dittatura (e ai suoi protettori e padrini internazionali) che ebbero
dal resto del mondo una sorta di riconoscimento formale del regime.
Anche grazie alla vittoria annunciata della squadra argentina
strafavorita da arbitraggi e inganni, i campionati del mondo vennero
usati da Videla e Massera per distogliere l'attenzione di un popolo
terrorizzato dalla tragica realtà e per cercare di dare al mondo
intero una immagine di normalità.
Ingenti furono i costi della manifestazione, il tutto "perché si
diffondesse ai quattro venti il sorriso di un paese felice sotto la
tutela dei militari" come riporta Eduardo Galeano. Ma
contemporaneamente allo svolgersi del Mondiale continuavano i piani
di sterminio delle alte cariche tanto che, proprio nel periodo della
manifestazione calcistica, in Argentina la repressione toccò il suo
culmine e con essa il numero dei rapimenti e degli assassinii.
In pratica i boati del tifo argentino ai goal di
Mario Kempes nascondevano il rumore degli aerei della morte che
sorvolavano gli stadi trasportando i desaparecidos pronti per essere
gettati ancora vivi in mare
Ma le autorità non si curavano di questo e numerose furono le
esternazioni di ringraziamento al regime militare. Il presidente
della FIFA Havelange parlando davanti alle telecamere delle
televisioni osservava: "Finalmente il mondo può vedere l'immagine
vera dell'Argentina". Henry Kissinger, ospite d'onore della
manifestazione, dichiarava: "Questo paese ha un grande futuro, a
tutti i livelli".
L'unico gesto dignitoso lo compirono i giocatori olandesi sconfitti
in finale dai padroni di casa: al momento di ricevere il trofeo si
rifiutarono di salutare i capi della dittatura. |